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di là dal convento alle case del ponte, rossa in una gran
chiazza scura, luceva come a fissarlo; a sinistra più in al-
to, indecisa la massa enorme, contro il cielo stellato, del
già dormente paese colle rade accese collane, (due, tre,
parallele) dei fanali giallicci. Il convento era zitto e tutto
chiuso: di là dei suoi tetti sghembi e del campaniletto a
punta forato, sentivi l ondoso allargarsi del mare. Atte-
se. «Di qui, è ridicolo, come ha potuto pensare ch io la
possa sentire?» si disse. «Bisognerebbe che parlasse for-
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Letteratura italiana Einaudi
Giovanni Boine - Il peccato
te da svegliare anche i sordi». Guatava intorno da mo-
nello che medita il colpo: faceva calcoli, pigliava misure
svelto coll occhio. Non un pensiero, assolutamente
niente del turbamento passato, come se non avesse co-
scienza quasi di ciò che faceva, fosse attento, attentissi-
mo solo all atto immediato. «Bisogna o sentirla di qui o
scender giù a sentirla nell orto». Ecco tutto. Ed il muro
qui era di sei metri, ma c era una pergola di viti in basso;
e là di quattro soltanto, ma c eran dei cespi di rose che
lei non si sarebbe potuta accostare ed il convento era
troppo vicino. Attese queto: toglieva i vetri, i fondi di
bottiglia, i bicchieri rotti e taglienti incastrati sulla cresta
calcinosa, con le dita forzando; fece posto bene e sedette
cavalcioni. Non udì qualcuno che s avanzava fra i solchi
lento. Se n accorse ch era sotto lui, fuor della pergola, a
un tratto. «Suor Maria?» Il frangersi ghiaioso del mare
sembrava ora echeggiare, rotolare per l aria più forte.
Pensò: «Qui è inutile: bisognerebbe gridare». Si sporse
fuori tutto, (la figura laggiù parve cennare, si mosse), ri-
soluto volteggiò poggiando alla cresta colle mani, col
ventre e secondo una ginnastica usata forzando colle
punte dei piedi contro il ruvidore del muro, si lasciò
pendere giù. (La pergola era sotto circa tre metri). Ri-
mase un istante macchia allungata più scura sul fondo
piatto a strapiombo, si torse a guardare a pigliar bene la
mira e schiantò giù d un tratto crosciando. La donna
ch era rimasta non bene capendo, attenta a guardare, re-
presse un grido e si precipitò fra i pali strappati e le viti,
(egli si ricordò più tardi d avere nel cadere afferrato
grappoli d uva a tenersi e che la mano gli era rimasta tut-
ta pastosa e odorosa di mosto) si precipitò pronta chie-
dendo. Le soffiò immobile: «ferma». E stette, ed
anch essa, qualche minuto in ascolto: affondato, nasco-
sto fra l aggroviglio del fogliame e dei rami. Come nien-
te si mosse (non sentiva che il mare ed il rapido tuffo del
cuore dentro e alle orecchie) si districò svelto ed uscì.
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Letteratura italiana Einaudi
Giovanni Boine - Il peccato
«Male?» chiese ansando la donna. Qualcosa di caldo ed
un bruciore ora, sì, un dolore vivo sopra del polso, nel
braccio, sentì. Forse un chiodo od un vetro lassù volteg-
giando. Rimboccò con l altra mano la manica, presto, e
guardando: «un po di sangue, qui». «Sangue!» La don-
na gli afferrò il braccio, vi chinò gli occhi su anche lei,
sbigottita, tremante, a guardare, lamentando: «E perché
saltar giù, e perché saltar giù!»
Trasalì stupito. Era; non era? il capo innanzi a lui chi-
no al suo braccio, non bendato, non velato era; capelli
sciolti e lunghi. Lunghi, sì, mal trattenuti sul collo. E giù
pel corpo non il mantello: l abito solo in figura d una ve-
ste femminile comune, stretto dalla cinta sui fianchi.
Non osò dire& La donna si lamentava sommessa:
«Cola, cola forte& uno strappo d un palmo». E l attira-
va dicendo: «venga, venga» verso una gran botte ritta fra
i solchi dove gorgogliava dell acqua. Vi bagnò delle tele:
gli pigliò lei stessa di tasca senza chiedere i fazzoletti; la-
vava e curva fissava: «Cola, cola sempre& » Lo fece se-
dere su di un tronco abbattuto; sedette accanto chinata
(c eran dietro loro a spalliera dei gran cespi di vaniglia
odorosa) e fasciava attenta e stringeva. Zitta& Era una
donna, una donna& Sentivi sotto l abito lieve l ansimare
del petto; le ciocche abbondanti ai lati del viso in due
bande giù; la radice del collo bianca (nuda) fin giù, li-
neata, allo scuro dell abito; e (gli pareva), s ella alzava lo
sguardo un rilucere vivo negli occhi& era una donna,
una donna& Ma com ebbe finito, si scosse, sembrò
smarrita, volle muoversi, alzarsi: la tenne. «E come risale
ora?» chiese spaurita. «Risalirò». I muri tutt intorno
(umidore nero e cespugli), cingevano altissimi; da un la-
to, pesanti, i cipressi ed i lecci (enormi); dall altro a mare
ombrosi il campanile ed indeciso il convento (accoscia-
to, come una gran bestia torpidamente dormiente); su,
brillanti pungenti d argento, nel cavo le stelle. Gli parve
tremasse: non la chiamò più: «Suora»; la fissava. Chiese,
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Letteratura italiana Einaudi
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come non pensando, che avesse, e quella: «Ho la feb-
bre& » ed ebbe un sussulto improvviso pel corpo e le si
fece rauca la voce ed a scatti. «Ho la febbre& L ho fatto
venire perché ho deciso d uscire& non mi lasciano&
Dopo dimani voglion ch io parta. Vogliono chiudermi
ancora e dove non so. E dicono che è il dimonio e ch io
mi perdo. Ma niente; s io rimango qui, sì mi perdo. Ho
vergogna di portarlo quest abito. Da ieri non ho messe [ Pobierz całość w formacie PDF ]

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