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li che sono andati perduti.
Haiti, tra l'altro, sta pagando gli interessi sui prestiti bloccati e mai riscossi, tanto per
peggiorare la catastrofe. E questo è il secondo embargo. Anch'esso nasce dal nostro
amore per la democrazia, come ci hanno spiegato Powell e altri.
Attualmente sta fiorendo negli Stati Uniti un genere letterario interessante, che vanta
libri e articoli di successo, tutti imperniati su uno strano difetto del nostro carattere:
perché non reagiamo adeguatamente ai crimini altrui? L'argomento meriterebbe forse
una nota a piè di pagina in uno studio sul nostro atteggiamento nei confronti dei diritti
umani, il cui tema sarebbe ovviamente un po' diverso: perché continuiamo a svolgere
un ruolo decisivo nelle più atroci violazioni dei diritti umani?
Ma questa è una domanda improponibile. Possiamo interrogarci sull'inadeguatezza
della nostra reazione ai crimini altrui, ma non possiamo fare domande su nessuna del-
le cose che vi ho raccontato, sui nostri crimini, perché questo comporterebbe l'am-
missione dell'esistenza di tali crimini, il che è inconcepibile. Se tentate anche solo di
porre il problema, dovete avere qualcosa che non va.
Analogamente, in questi giorni si possono ascoltare profonde riflessioni su quel che
dovremmo fare per combattere il flagello del terrorismo. Il problema è serio, la mi-
naccia è ovunque. In realtà gli Stati Uniti avrebbero a disposizione un mezzo molto
semplice per ridurre in maniera drastica il livello di terrorismo nel mondo: basterebbe
che smettessero di sostenerlo e di praticarlo. Otterrebbero un effetto straordinario:
non voglio dire che si risolverebbero i problemi del mondo, ma la situazione miglio-
rerebbe di gran lunga. Tuttavia non riuscirete a trovare nessuno disposto a discutere
questo argomento elementare.
Finché problemi come questi non saranno posti all'ordine del giorno e portati al cen-
tro dell'attenzione, le discussioni su questi argomenti resteranno esercitazioni vacue, e
tutti coloro che soffrono nel mondo non faranno che precipitare ulteriormente nella
miseria.
[Quello che segue è un estratto del dibattito seguito al discorso di Chomsky.]
DOMANDA: Io credo, e mi auguro che lei sia d'accordo, che la differenza sostanziale
tra ciò che fecero i nazisti e quello che abbiamo fatto noi in Vietnam siano le in-
tenzioni. I nazisti volevano sterminare la popolazione ebraica d'Europa. In Vietnam
l'intenzione non era il genocidio.
CHOMSKY: Non ho mai definito "genocidio" ciò che avvenne in Vietnam. Sono d'ac-
cordo con lei: si tratta di una cosa totalmente diversa, sotto tutti gli aspetti, e nessuno
lo ha mai negato. I nazisti rappresentano in effetti un fenomeno unico: nella storia so-
no state commesse atrocità innumerevoli, ma uno sterminio di massa industrializzato
come quello compiuto dai nazisti è un fatto a sé, non c'è stato nient'altro di pa-
ragonabile; gli ebrei, i rom e qualche altro gruppo sono stati trattati più o meno allo
stesso modo.
Nel mondo però si commettono innumerevoli atrocità, molte delle quali possono es-
sere ricondotte a noi. E molte non sono neppure prese in considerazione. Mi permetta
di fare un esempio di una di quelle non contabilizzate. Sono certo che ricorderà un li-
bro pubblicato circa un anno fa, che divenne un grande best seller: Il libro nero del
comunismo. Il New York Times e tutti gli altri giornali ne hanno pubblicato importanti
recensioni. Si trattava della traduzione di un libro francese, che valutava il numero
delle persone uccise dal comunismo in un centinaio di milioni. Non discutiamo le ci-
fre, ammettiamo che questo dato sia esatto.
La principale causa di morte fu la carestia che colpì la Cina tra il 1958 e il 1960, e che
si pensa abbia ucciso circa venticinque milioni di persone. Il motivo per cui la si de-
finisce, secondo me a ragione, un crimine politico - un crimine ideologico - è stato
analizzato in modo dettagliato da Amartya Sen, ed è uno dei motivi per i quali ha vin-
to il premio Nobel. Sen è un economista, e ha fornito ottime ragioni per interpretare
questa carestia come un crimine politico. Non era una questione di intenzioni, non si
voleva uccidere nessuno, ma le istituzioni e la loro ideologia portarono a quel risulta-
to. La Cina era uno stato totalitario al cui centro non giungevano mai le informazioni
su ciò che accadeva, e non potè dunque adottare alcun provvedimento, perché così
vanno le cose in uno stato totalitario. Quel che accadde fu pertanto un effetto delle i-
stituzioni totalitarie: un gigantesco massacro non voluto. Non c'era l'intenzione di uc-
cidere venticinque milioni di persone e tuttavia quelle morti ci furono, ed è fondato
definire quel massacro una delle maggiori atrocità del xx secolo, e il peggiore tra i
crimini del comunismo. [ Pobierz całość w formacie PDF ]

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