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carono il brontolio del tuono che moriva.
Ci separammo e ci addormentammo di colpo.
Sognai. Ero in una pianura vasta e arida, coperta di piccoli tumuli biz-
zarri, asimmetrici, ed ero circondata da una strana luce grigia; animali sco-
nosciuti si muovevano in lontananza, ma non provavo alcuna paura. Ero
nuda e mi spostavo mio malgrado sul terreno, che era coperto di erba con-
torta e incolore e disseminato di collinette basse e massi caduti. La luce in-
quietante si intensificò leggermente e vidi che le pietre erano in realtà delle
lapidi. Osservai senza curiosità che su una era scritto: SARA MAGDA-
LEN LATIMER: UCCISA QUI DAI CANI, 1884. E i cani ne mange-
ranno le carni... Re... il numero del capitolo e dei versi erano illeggibili.
Passai in rassegna le altre tombe, dove lessi con la stessa indifferenza i
nomi delle altre Sara Latimer e le morti violente che avevano incontrato.
La curiosa luce spettrale non assomigliava per niente a quella del sole o
della luna. Mentre galleggiavo in quell'innaturale chiarore sentii, più che
vedere, un'ombra che diventava sempre più grande a mano a mano che mi
avvicinavo. Una voce mi chiamava da lontano:
«Sara! Sara!»
L'ombra crebbe ancora, sempre di più. Vidi che era una quercia dissec-
cata che si stagliava contro il cielo e, quando ne raggiunsi la base, lessi l'i-
scrizione composta di strane lettere marchiate a fuoco: SARA LATIMER
LA STREGA FU IMPICCATA A QUESTA QUERCIA IL 31 AGOSTO
1671. CHE LA SUA ANIMA SIA DANNATA PER L'ETERNITÀ.
Ritrovai un briciolo di consapevolezza e pensai: che ingenuità.
Un tuono scosse il cielo; un enorme fulmine colpì la quercia che, con
una lentezza impressionante, cominciò a cadere verso di me... e mi svegliai
con un singulto e un urlo mentre Brian ripeteva sottovoce il mio nome.
«Sara... Sara?»
Mi trovai ad arrossire al buio. Buon Dio, cosa mi era accaduto? La mia
famiglia era morta da neanche una settimana e io, come una cagna in calo-
re, ero andata a letto con il primo venuto, qualcuno che avevo incontrato
meno di quattro ore prima...
«Brian? Stavo dormendo.»
«Lo so, tesoro, mi dispiace averti svegliato, ma stavi gemendo nel sonno
e temevo avessi un incubo.»
«Lo so: stavo sognando tutte le Sara Latimer. Sai, hanno tutte avuto una
morte violenta...»
Si protese per baciarmi. «Non essere macabra, tesoro; ti rendi conto che
non abbiamo ancora preparato quelle uova al bacon che mi avevi promes-
so? Non so perché, ma ho una fame da lupi. E poi, non dovrei trattenermi
troppo: non voglio comprometterti proprio la prima notte che trascorri in
paese. Sai, qui c'è una vecchia pettegola in cima a ogni collina...»
Scesi dal letto. «Certo, e poi un medico dev'essere al di sopra di ogni so-
spetto. Vieni giù che ti preparo qualcosa da mangiare, poi potrai andarte-
ne.» Mi dispiaceva per Brian. Mi ero gettata tra le sue braccia e, a parte
darsela a gambe, non avrebbe potuto fare altro. Ma cosa diavolo era acca-
duto?
Si rivestì alla bell'e meglio mentre indossavo il mio abito di cotone, an-
cora piuttosto perplessa. Conoscevo Roderick da un anno quando mi ero
decisa ad andare a letto con lui.
«Porta la lampada. Non voglio rompermi il collo su quelle scale al
buio», dissi, «anche se c'è un medico in casa.»
La camera da letto si chiuse alle nostre spalle, privandoci delle ultime
tracce di quel profumo che ci aveva storditi. Brian respirò profondamente e
mi guardò negli occhi.
«Sara», cominciò, «non so cosa mi sia successo. Non ho mai... ascolta-
mi... Prima... prima di venire di sopra la seconda volta stavo pensando che
ti desideravo, ma che ci sarei andato piano perché tra di noi avrebbe potuto
essere tutto... molto speciale. E adesso...» Scosse il capo stupefatto.
Lo guardai di sottecchi e ribattei: «È stata una sorpresa anche per me.
Non sono... in tutta onestà, non sono il tipo di ragazza che va a letto con il
primo che incontra!» Ero comunque contenta di averlo fatto; non pensavo
che esistessero ancora uomini di quel genere.
«Ti dispiace di averlo fatto, Sara?»
«No», risposi sinceramente. «Come potrebbe dispiacermi una cosa del
genere?»
Mi si avvicinò per baciarmi. «Neanch'io sono pentito. È stato uno dei
momenti più belli... Certo che il profumo di tua zia è potente come pochi!»
L'aveva detto per fare lo spiritoso ma ci accorgemmo entrambi che era la
verità. «È stato quello che ci ha fatto cominciare, sai?» dissi. «Esistono er-
be dalle proprietà afrodisiache?»
Esitò. «Non secondo la medicina tradizionale», ammise. «Alcuni medici
sono pronti a giurare che sostanze del genere non esistono. Io non ne sono
sicuro. Insomma, non cerchiamo delle scuse. È successo e non mi dispiace
per niente. Adesso andiamo a farci quelle uova.»
Ridemmo e ci stuzzicammo a vicenda mentre ci muovevamo attorno ai
fornelli per far bollire l'acqua del tè, friggere le uova e il bacon in un'e-
norme padella di ferro; era annerita e bruciacchiata, ma il risultato fu deli-
zioso. Le nostre risate conservavano tuttavia una nota stridula: eravamo
entrambi stupiti di noi stessi e a disagio. Speravo, senza riuscire a dirlo ad
alta voce, che il mio comportamento così disinibito non l'avesse deluso; gli
era piaciuto fare l'amore con me, adesso era gentile - come lo sarebbe stato
qualsiasi uomo civile -, ma avrebbe deciso che si trattava dell'avventura di
una notte? Io ero stata benissimo, ma mi sarebbe dispiaciuto se Brian si
fosse rivelato un partner occasionale invece dell'amico di cui avevo tanto
bisogno.
Ci attardammo davanti alle uova e a una seconda tazza di tè, anche se mi
confessò che lo beveva raramente. «Sono un uomo da caffè, ragazza mia!
Cosa succede, non ti hanno mai detto che gli studenti di medicina soprav-
vivono grazie al caffè? Dovrò addestrarti meglio», dichiarò, e mi sentii di
nuovo speranzosa. Infine, però, quando l'orologio dell'entrata batté tre rin-
tocchi - mi domandai chi l'avesse caricato - guardò controvoglia la porta.
«Sara, adesso devo proprio andare. Ha smesso di piovere e non possia-
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